Continuiamo con la rassegna su libri, editori, biografie, autobiografie, romanzi.
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Giangiacomo Feltrinelli, storico fondatore dell’omonima casa editrice:
“L’editore è niente, puro luogo d’incontro e di smistamento, di ricezione e di trasmissione… E tuttavia: occorre incontrare e smistare i messaggi giusti, occorre ricevere e trasmettere scritture che siano all’altezza della realtà”.
L’impegno politico ha sempre caratterizzato l’attività anche editoriale di Giangiacomo, di famiglia nobile e ricca (una delle più ricche d’Italia), che nel 1954 diede vita alla casa editrice che porta il suo nome, dimostrando subito di avere capacità e intuito con la scelta di pubblicare libri come Il dottor Zivago e Il gattopardo.

Specie alla luce della sua tragica fine nel 1972, avvenuta in circostanze tuttora misteriose, innumerevoli sono state le ricostruzioni biografiche e gli studi sulla vicenda anche umana di questo personaggio di spicco, figura enigmatica quanto importante nell’ambito della cultura italiana contemporanea.
Fra queste, in particolare, si ricordi quella “d’autore” di Nanni Balestrini (consulente in Feltrinelli nonché esponente e fondatore del Gruppo ’63) intitolata, appunto, L’editore (del 1989).
LA TRAMA: Un giovane regista, un professore universitario, un libraio e una giornalista si ritrovano durante un weekend in montagna a discutere sulla possibilità di realizzare una sceneggiatura cinematografica sulla vicenda di Giangiacomo Feltrinelli, l’editore dell’omonima casa editrice morto a causa di un’esplosione che nelle sue intenzioni doveva abbattere un traliccio dell’alta tensione a Segrate, alle porte di Milano. Attraverso l’uso di diversi registri narrativi, Balestrini riesce a collocare l’evento della morte di Feltrinelli nel contesto incandescente delle lotte sociali degli anni successivi al ’68 conferendo dignità a un personaggio per lungo tempo denigrato e ridotto al rango di un romantico sognatore.
La storia della famiglia Feltrinelli, oltre alla biografia di un editore descritto “con la testa fra le nuvole e i piedi per terra”, è ripercorsa su toni di affettuosa partecipazione sul filo della memoria in Senior Service, del 1999, un libro scritto da Carlo Feltrinelli, figlio di Giangiacomo, ora alla guida della casa editrice insieme alla madre Inge.
Moltissimi qui gli episodi rievocati con ricostruzioni di eventi pubblici e non: la militanza nel PCI, un viaggio a Osnabrück, gli anni Cinquanta, la Cooperativa del Libro Popolare, la nascita della casa editrice, “il terribile 1956”, “la politica estera”, Africa, l’Eskimosa nel fiordo di Trondheim, libri “osceni” e libri “necessari”, Fratelli d’Italia a Villadeati, la Biblioteca di Psicologia e Psichiatria Clinica, i beatnik e un “bruco agrimensore”, ping-pong con Henry Miller, juke-box in libreria, Cuba Cuba Cuba, un politico-politico e un politico-impolitico, la prima intervista di Yasser Arafat, Sgt.Pepper’s e la stanza del camino, una lettera a Lyndon Johnson, la Bolivia e il diario del Che, il Sessantotto, “dipingi di giallo il tuo poliziotto”, il Vietnam, il colpo di stato “all’italiana”, Piazza Fontana,fino alla lotta armata come anche aneddoti di vita a partire dal viaggio di nozze tra Bassa California e Zihuatanejo e l’incontro con Inge.

Giangiacomo, Inge e Carlo Feltrinelli
La stessa Inge, anche per l’esuberanza innata e le grandi doti relazionali, è stata più volte oggetto d’attenzione da parte dei media che ne hanno sempre messo in luce l’abilità negli affari e le indubbie caratteristiche di fascino e allegria.
Fotoreporter per diverse testate europee, prima di conoscere Feltrinelli, intervistò Hemingway, Picasso, Simone de Beauvoir, e altri.
«Tecnicamente non ero neanche brava, sapevo cogliere il momento decisivo, quello sì». Cfr. intervista del 03/03/2014
«Una casa editrice le offrì un contratto per scrivere un libro sulla sua professione, e lei chiese consiglio a Rowohlt che le disse subito di lasciar perdere e di raggiungerlo invece in ufficio dove era arrivato un famoso editore italiano suo amico, quello che l’anno prima aveva scoperto e pubblicato il Dottor Zivago di Pasternàk. Era il 14 luglio del 1958, e quell’uomo silenzioso, coi baffi, l’aria molto timida, poco più che trentenne, era Giangiacomo Feltrinelli. “È un comunista di famiglia molto ricca” le disse Rowohlt, “questa sera faccio un ricevimento per lui, porta qualche tuo amico di sinistra”. Inge arrivò con un’ora di ritardo perché aveva dovuto lavare e stirare l’unico vestito decente che aveva. Feltrinelli era solo, appartato, in una stanza piena di gente, fumava Senior Service con un lungo bocchino e si mangiava le unghie. Per sembrare disinvolta lei gli disse: “Io so tutto di lei”. Ma fece una gaffe nominando persone che lui disprezzava, come Luigi Barzini jr., che era stato il suo non amato patrigno. Lui era diventato di ghiaccio, lei cercò di farsi perdonare sfoderando tutto il suo charme. Romanticamente, girarono per la città chiacchierando sino al mattino» (Natalia Aspesi).
Di sé, troppo modestamente ha detto: “Non mi considero un’intellettuale ma non è necessario che un editore lo sia.”
Indubbia rimane la sua importanza e la sua grande novità nell’ambito del panorama editoriale italiano.

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Un’altra grande protagonista dell’editoria italiana è stata Elvira Sellerio. Fondatrice insieme al marito Enzo della casa editrice omonima, avviò con lui un sodalizio non solo sentimentale, come non è infrequente che accada in editoria, un ambiente notoriamente pieno di coppie che lavorano insieme.
I suoi inizi:
«Il primo è stato Enzo, mio marito. Bellissimo, affascinante, curioso. Lo sposai a ventisei anni, subito dopo la morte di mia mamma Lina. Ero la più grande di sei fratelli, mio padre un alto funzionario dello Stato. Non sopportavo di continuare a stare in quella casa. Fu un atto di egoismo, anche se poi la nostra famiglia è rimasta molto unita: passionale e cattivissima come la classica famiglia siciliana. Il sabato pomeriggio ci vediamo sempre per lo scopone: tutti tranne gli estranei, ossia i cognati. Fu lui, alla fine degli anni Sessanta, ad avviare la casa editrice: un progetto maturato insieme a Leonardo Sciascia e Antonino Buttitta, l’antropologo. Stavano sempre insieme, parlavano fitto nella stanza piena di fumo. Ero quella del caffè. Come un caratterista di seconda fila, entravo sulla scena e chiedevo “Caffè?”. Nei rari momenti di originalità: “O una tazza di tè?”. Loro annuivano. Ero frivola, vanitosissima. Una camicetta nuova mi teneva allegra per una giornata. Poi giocavo con i miei capelli: li tagliavo cortissimi, cambiavo colore. Tutto per amore di Enzo. Anche il mio ingresso in casa editrice fu per stare più vicino a lui. Per farmi apprezzare di più. Cominciai a intervenire alle riunioni, ad appassionarmi. Seguendo sempre una regola: se avevo un’idea convincente, la presentavo come non mia. L’attribuivo a Leonardo o ad Enzo. Poi il matrimonio finì. Rimasi sola, con due figli ancora piccoli. E senza un soldo. Le banche mi negavano i crediti, le cartiere e le tipografie non mi accettavano come interlocutore. Solo per farmi ascoltare, mi facevo introdurre telefonicamente dal portiere: una voce maschile aiuta sempre. E poi soffrivo d’amore. All’inizio degli anni Novanta, gli editori concorrenti mi davano per spacciata. Einaudi tentò di mettere sotto contratto i libri di Carlo Lucarelli» (da un’intervista di Simonetta Fiori).
Poi, il successo: dapprima con Sciascia, alla fine degli anni Settanta, poi con Bufalino, Tabucchi, Lucarelli, fino alla grande svolta con Camilleri nonostante all’inizio degli anni Novanta, e già rimasta sola dopo il divorzio dal marito, gli editori concorrenti l’avessero data per spacciata.
«Un editore deve stare quanto più silenzioso, nascosto, taciturno».
«Gli scrittori non appartengono a un’unica categoria: li distinguerei in grati e ingrati, anche se è una vecchia storia. È lo scrittore che deve all’editore o è l’editore che deve allo scrittore?»
Questa era Elvira Sellerio, detta “Donna Elvira”, signora dell’editoria e grande scopritrice di talenti.
