GORE O GOLE?

GORE O GOLE?

Decenni dopo, Gore Vidal ricevette quello stesso ragazzo (solo un po’ cresciuto) nella sua villa di Ravello, dimora a picco sul mare con oltre 700 mq di giardino, alberi secolari e piscina, nel cuore della già scenografica costiera amalfitana. L’ormai Publisher a pieno titolo (i capelli ancora perfettamente corvini, i denti splendenti col riverbero) vi si era recato ardimentoso, come e più che in gioventù, per proporgli di passare con lui e pubblicare con Fazi. Grazie all’inglese appreso a Manchester e poi a Londra, fluente al punto tale che anche un madrelingua gli stava dietro a fatica (al di là di qualche problema con gli accenti, che però ha anche in italiano), Elido era riuscito a conquistare l’esigente scrittore convincendolo a debuttare (e in seguito perseverare) con il suo giovane marchio.

Per provarne popolarità ed efficacia, negli anni, riuscì anche a far vincere a Gore diversi fra premi e premietti: con quel nobile escamotage – compiacenti non pochi assessori e amici – aveva intrattenuto lo scrittore facendolo girare come una trottola su e giù per i borghi del Belpaese.

2010pc28lug007Con il pretesto di fargli conoscere nuove regioni d’Italia, Elido a volte aveva accettato l’invito anche da parte di oscuri figuri, dalla Valle d’Aosta alla Basilicata: ogni volta che la città organizzatrice della manifestazione già dal nome poteva suonare improbabile, l’ufficio stampa e l’editore in persona ricorrevano a racconti di mitologia minore, tratti da scritti rari conservati in biblioteche locali, per cercare di convincere Vidal, con la scusa del luogo ameno e ancora da scoprire o della natura circostante imperdibile. Quando gli andava bene, si ritrovavano tutti sotto un capannone di teflon con luci al neon montate di fretta a bere del vino cattivo all’umido della tensostruttura, sempre in zone distaccate rispetto alla cittadina di riferimento, a sua volta mediocre o al massimo insignificante. Davanti a un pubblico di età media settanta e premi spesso inguardabili, fusi nelle fogge più strane, Vidal, già imparentato con i Kennedy, amico di Greta Garbo, intimo di Paul Newman, villa a Bel Air strafrequentata, esplodeva puntualmente in scene da far accapponare la pelle con Fazi costretto ogni volta a fare buon viso a cattivo gioco.

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Ogni tanto, però, il premio poteva essere più consistente, con una somma in denaro e lo scorcio d’Italia davvero unico. Anche in quei casi tuttavia Gore aveva sempre da ridire e una volta addirittura se ne era andato a premiazione iniziata, offeso per l’attesa prolungata cui lo avevano sottoposto tra lungaggini per i discorsi ufficiali ed esibizioni di ospiti illustri. A Elido, che lo aveva ritrovato al bar, indignato, aveva vomitato a mezza bocca: «La prossima volta, se devo venire fin qui a sorbirmi Carmelo Bene, invece di diecimila ne voglio ventimila di euro». Questo episodio, d’altronde, si sommava a quello che ancora bruciava al Publisher col cameriere di un paesino premiante che, di fronte alla richiesta di uno scotch da parte di un annoiato Gore, dopo un tempo infinito d’attesa si era ripresentato con un rotolo di nastro adesivo servito su un vassoio d’argento.