Ci sono molti libri in commercio che trattano di editoria, case editrici o singole figure di editori.
Per gli editori, l’attenzione maggiore, nel tempo, l’ha ricevuta Giulio Einaudi, protagonista di molte ricostruzioni interessanti e di due libri, in particolare, che ne rendono i tratti caratteriali e il comportamento anche a livello quotidiano.
Due libri diversissimi, per due voci agli antipodi, che mettono ugualmente al centro del loro racconto questa singolare e potente figura di editore, anzi, dell’Editore per eccellenza.
I due libri sono I migliori anni della nostra vita, firmato da Ernesto Ferrero, collaboratore di Einaudi in casa editrice, e Alla guida dell’Einaudi, di Mimmo Fiorino, suo autista personale.
In entrambi gli scritti, Einaudi appare come un uomo affascinante quanto insopportabile, capriccioso e anche un po’ crudele, quasi che tali caratteristiche fossero costitutive e fino necessarie a uno spirito del genere.

Dalla terza di copertina del libro di Ferrero (a lungo direttore editoriale dell’Einaudi e vincitore del Premio Strega con N., sempre Einaudi, nel 2000):
Questo “romanzo con personaggi veri” racconta l’educazione sentimentale di un ragazzo che entra a far parte di un gruppo alquanto speciale, convinto di cambiare il mondo con i libri. È una storia insieme privata e collettiva di amori furibondi, di seduzioni incrociate, di forti passioni intellettuali e civili, e ha come palcoscenico una casa editrice, in Via Biancamano, a Torino. A guidarla è un leader geniale e provocatorio, sospinto da un’insaziabile fame di nuovo: Giulio Einaudi.
Una stagione irripetibile della cultura italiana viene raccontata come un romanzo famigliare che ha per tema la costruzione di una possibile felicità.
Qui due passi tratti dal libro:
Gli innamoramenti dell’Editore – fulminei, imprevedibili, com’è proprio delle vere passioni – ci facevano soffrire. … Di solito gli amanti dell’Editore erano i profeti di un nuovo che prometteva tesori esclusivi di conoscenza. Il più delle volte erano giovani, come lui, l’uomo che viveva in un eterno presente.
Per impossessarsi della linfa vitale che sentiva scorrere in un giovane, il Vampiro era disposto a tutto. In un attimo buttava alle spalle quel che aveva faticosamente conquistato fin lì ma era diventato improvvisamente vecchio, forse inutile; sacrificava sull’altare del nuovo anche i collaboratori più anziani e fedeli.
La tecnica pedagogica dell’Editore era semplice: buttare in mare l’apprendista senza preavviso, assegnargli compiti che sembravano sproporzionati alle sue reali capacità, e stare a guardare come se la cavava.

Giulio Einaudi con Italo Calvino e Natalia Ginzburg (Premio Strega nel 1963 con Lessico famigliare, romanzo autobiografico, Einaudi)
Quadretti di vita quotidiana, invece, a formare il libro di Mimmo Fiorino che dichiara programmaticamente: “Io non voglio ricordare un Giulio Einaudi monco e incompleto. Voglio ricordarlo con tutte e due le braccia e tutte e due le gambe, con tutte le sue virtù ma anche con tutti i suoi vizi. E’ stato un grande uomo, e credo che non esistano grandi uomini senza grandi difetti, senza piccinerie o manie o paure o limiti; anzi. E allora, prima che la memoria mi giochi qualche scherzo, voglio ricordare tutto di lui, i lati positivi e i lati negativi, il bello e il brutto.”
Quindi episodi come questi, tra l’affettuoso e il cronachistico:
Alle 8.27 vidi comparire al portone un bell’uomo coi capelli brizzolati, un vestito grigio e un cappotto grigio di ottimo taglio. Era elegante il dottor Einaudi. Mi fece subito una buona impressione: come poteva, un uomo del genere, essere intrattabile?
Ripartimmo per Torino il giorno dopo, con due persone che io non conoscevo e non avevo mai visto prima. Siccome prima di arrivare in autostrada c’era un tratto stretto e pieno di curve, cercavo di andare piano per non far venire la nausea a tutti. Però per il dottor Einaudi pareva che non fosse sufficiente, perché mi disse: “Stronzo! Vuoi rallentare in queste curve, che mi viene da vomitare?” Giuro che fino a quel giorno non avevo mai provato nulla di simile e non so spiegare che cosa mi successe; non era solo rabbia, o disagio, o la certezza di essere dalla parte della ragione. So solo che misi la freccia a destra, accostai al ciglio della strada, mi girai verso il dottor Einaudi e gli puntai il dito contro. “Lei stronzo a me non lo dice. Non lo permetto né a lei né a nessun altro. Se non le piace come guido, scende e se ne va a piedi”.

“Il libro, sia esso romanzo saggio o poesia, deve coinvolgere al massimo l’intelligenza e la sensibilità del lettore. Quando in un libro, di poesia o di prosa, una frase, una parola, ti riporta ad altre immagini, ad altri ricordi, provocando circuiti fantastici, allora, solo allora, risplende il valore di un testo. Al pari di un quadro scultura o monumento, quel testo ti arricchisce non solo nell’immediato ma ti muta nell’essenza.”
Giulio Einaudi
Altri editori, nel tempo, sono stati protagonisti di narrazioni auto o biografiche, con ricordi, storie, aneddoti riguardanti il lavoro editoriale.
“L’editore protagonista riesce a trasferire nelle scelte la propria natura, curiosità, esigenze, insoddisfazioni e orgoglio, dubbi e speranze”: così Valentino Bompiani descriveva il proprio ruolo nel suo Il mestiere dell’editore, terzo di una serie di libri autobiografici sulla propria attività di editore.
A proposito di un altro grande fondatore, nel Discorso in omaggio a Arnoldo Mondadori, del 1970, sempre Bompiani scriveva:
Un editore è fatto più spesso di difetti che di qualità. Deve essere, per esempio, aggressivo, prepotente e colonialista. Deve spingere la propria ambizione fino alla vanità, per far propria la vanità segreta dello scrittore. Deve saper mentire per poter sostenere anche i libri di cui non sia convinto. Deve, talvolta, dar credito più all’istinto che al raziocinio.
e
Chi più sproporzionato di un editore che si mette davanti all’arte con le sue grosse mani terrene, i suoi occhiali e i suoi conti?

Alberto Mondadori, Arnoldo Mondadori e Valentino Bompiani

Arnoldo Mondadori
Continua…